Il nostro “No” al Referendum
Pubblicato il 24.09.2020

Ridurre la democrazia rappresentativa costituisce di fatto, semplicemente, una riduzione degli spazi della democrazia.

Siamo un gruppo di cittadini impegnati in organizzazioni di promozione della cittadinanza attiva, in associazioni di volontariato e per la gestione e valorizzazione dei beni comuni.

Siamo convinti che la partecipazione attiva dei cittadini alla gestione della cosa pubblica sia oggi quanto mai necessaria a fronte della crisi delle istituzioni della democrazia rappresentativa. Vediamo con preoccupazione le difficoltà delle nostre istituzioni a funzionare con efficacia, trasparenza, apertura alla partecipazione.

E tuttavia pensiamo che il taglio dei parlamentari previsto dalla recente legge di riforma costituzionale sia un errore: VOTEREMO NO al referendum sulla riduzione del numero di Deputati e Senatori.

Se vincessero i SI’, i deputati passerebbero da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200: un piccolo risparmio – 0.007% del bilancio dello Stato – ma, riteniamo, un enorme costo per la democrazia.

In primo luogo, sarebbe molto più problematico il rapporto tra eletti ed elettori, e quindi anche la funzione di controllo sugli eletti che gli elettori possono svolgere. Per la Camera si passerebbe da 1 eletto ogni 96.000 abitanti ad 1 eletto ogni 151.000 abitanti: la conseguenza sarebbe un allontanamento dei cittadini dalle istituzioni, tutto il contrario della rinnovata sintonia che occorre invece ricostruire. Peraltro, il rapporto tra eletti ed abitanti che oggi esiste in Italia – 1 eletto grosso modo per 100.000 abitanti – è lo stesso che esiste nel Regno Unito, in Francia, Germania, Paesi Bassi. Molto più alto – 2 o anche 3 eletti per 100.000 abitanti – è invece in Austria, Danimarca, Grecia, Portogallo, Svezia. Non è quindi affatto vero che in Italia il numero dei parlamentari sia particolarmente esagerato.

In secondo luogo, come conseguenza della rarefazione del rapporto tra eletti ed elettori, la rappresentanza politica sarebbe concentrata nelle aree più popolose del Paese, a scapito di quelle con meno abitanti ma territorialmente più vaste – come ad esempio anche il Canavese. Infatti diminuire il numero di parlamentari significa allargare il territorio entro il quale devono essere eletti a discapito della conoscenza e della rappresentanza delle problematiche dei territori.

In terzo luogo, non è affatto vero che, pur con questi limiti, il Parlamento lavorerebbe in maniera più efficiente ed efficace. Al contrario, è opinione di autorevoli studiosi che, al netto dei parlamentari impegnati nelle attività del Governo, sarebbe problematico far funzionare le Commissioni Permanenti e l’Aula con il numero esiguo di Deputati e Senatori che ne risulterebbe.

È evidente che ancora oggi permangono benefici non sempre giustificati per i nostri rappresentanti; ma su di questi si può intervenire attraverso leggi ordinarie, senza intaccare la funzionalità e rappresentatività delle Camere.

Cittadini attivi e responsabili hanno bisogno di istituzioni forti ed autorevoli.

La crisi della democrazia rappresentativa non si supera minando le basi della rappresentatività, ma integrandola e arricchendola, anche a livello locale, con strumenti della democrazia diretta – come ad esempio i referendum propositivi – e soprattutto della democrazia partecipativa.

Ridurre la democrazia rappresentativa costituisce di fatto, semplicemente, una riduzione degli spazi della democrazia.